9 dicembre 2006

KGB:non si smentisce mai, prima uccide, poi diffama.


Leggendo l’articolo su “Repubblica” inerente all’intervista del colonnello Oleg Gordievskij mi ritorna in mente un vecchio detto che dice “Se non puoi eliminare il nemico lo ridicolizzi. Se lo elimini getti comunque fango sulla sua memoria”. Non è solo un comportamento infame, ma una strategia politica precisa avviata dal regime bolscevico e portata avanti da tutti i successori di Lenin. “Calunniate, calunniate, qualcosa resterà” diceva Voltaire (forse) e il potere rosso imparò bene la lezione: i loro nemici di classe, non solo venivano uccisi ma sistematicamente calunniati, dipinti come degli infami, costretti a fare autocritica in pubblico, così che nessuno li ricordasse più per quello che erano. “Verranno gettati nella spazzatura della storia” diceva Trotzkij dei nemici del bolscevismo. E i sovietici agirono sempre di conseguenza: le Armate Bianche (che combattevano per la democrazia) furono accusate di revanscismo zarista e tuttora sono ricordate in questo modo da molti libri di storia; i socialisti democratici furono accusati di social-fascismo e molti li considerano tuttora come dei traditori opportunisti; i trotzkisti furono accusati di connivenza con l’imperialismo, gli anarchici di disfattismo, i sionisti di imperialismo e connivenza con il nazismo (e tuttora questa è una leggenda nera che circola ovunque); i resistenti polacchi e ucraini che si batterono contro i nazisti e poi resistettero a Stalin furono tacciati di collusione col nazismo e sono stati letteralmente rimossi dalla storia. Gli umoristi di regime, raccolti attorno alla rivista “Il Coccodrillo” lavoravano a pieno ritmo per far ridere sulle vittime dello stalinismo. Ma anche dopo Stalin, rimasero gli stessi metodi. Gestiti dalla “spada e scudo” del regime: il KGB e le sue diramazioni in tutto il mondo. In Polonia per far ridere sulla Chiesa ribelle, il regime sostituiva il vino con la Coca Cola e metteva la bottiglietta in bella mostra sull’altare. In Vietnam i politici anticomunisti più popolari e virtuosi venivano uccisi, mentre quelli più corrotti e incapaci erano lasciati in pace, così che il popolo ridesse di loro o li odiasse e il mondo avesse un’immagine distorta e negativa del Vietnam del Sud. In Italia ci hanno fatto credere per decenni che c’era un “doppio stato” fatto di mafia, P2 e servizi segreti che agiva nell’ombra. E ci hanno fatto credere che Moro fosse stato ucciso dai democristiani o dagli Americani e non da terroristi comunisti. Se un agente disertava e rivelava cose ai servizi segreti nemici, veniva sistematicamente infangato dalla stampa amica, tacciato di inattendibilità e disonestà. I dissidenti stessi erano considerati ufficialmente “pazzi” dal regime e rinchiusi in veri e propri gulag sanitari.Tutto questo ha una spiegazione di fondo: da una parte il marxismo è una filosofia determinista, un impianto talmente sicuro di sé da non ammettere deviazioni, discussioni e critiche. Chiunque non lo condivida, agli occhi di un marxista, deve essere sicuramente un ignorante, un deviato, un pazzo, un disonesto, una persona che in qualche modo è malsana. La gente deve ridere di chi sta deviando, non preoccuparsene nemmeno. Ma c’è di più: la calunnia è connaturata al collettivismo. Il collettivismo è una filosofia che deve appiattire l’uomo, fargli capire che deve a tutti costi rientrare nei ranghi, essere solo una ruota di un grande ingranaggio. La calunnia è fondamentale in questo processo, tanto quanto l’eliminazione fisica dei dissidenti. Perché la calunnia serve di esempio a tutti, convince il popolo che non ci sono né persone originali, né tantomeno eroi (che non siano quelli ufficiali).
Stiano attenti, oggi, quelli che ridacchiano sul “caso Scaramella”, prendendo in giro il suo cognome in modo infantile o tacciando l’informatore della Mitrokhin di loschi affari. E stiano attenti ancor di più quelli che pensano che Litvinenko sia stato ucciso in un affare di oligarchi e alta finanza, che sia tutto un “magna magna”. La verità non è ancora saltata fuori (e spero che i tempi di Scotland Yard siano più rapidi di quelli delle nostre inchieste), ma tutte queste tesi, tutte queste illazioni, tutte queste contro-accuse rivolte a Guzzanti e Scaramella, tutta questa confusione di nomi e vicende di cui ci sta bombardando la stampa (che sembra creata apposta per confondere i lettori e gli ascoltatori), ricorda troppo da vicino la solita vecchia disinformazione infamante firmata KGB.

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