4 febbraio 2007

Catania-Palermo: Vergogna!!!


Filippo Raciti,ispettore capo della Polizia di Stato è morto a causa di una bomba-carta scoppiatagli in viso. Un altro poliziotto è grave. Decine di feriti e contusi, scene di guerriglia urbana, quartieri che diventano un inferno.
E’ accaduto a Catania per una partita di calcio col Palermo. Ma la sensazione, mentre scrivo queste note a caldo, è quella del deja vu. Sono cose che abbiamo già visto. Queste scene non sono nuove, persino per una partita di calcio, e sono accadute anche all’estero, anche in Paesi molto più civili del nostro. Anche le frasi che stiamo ascoltando, provenienti da autorità politiche e sportive, non sono nuove. Anche queste le abbiamo già ascoltate.La cosa più triste è proprio questa specie di rassegnazione che avverto dentro di me, questo abituarsi a tutto, questa “banalità del male”, come l’avrebbe definita la filosofa Hannah Arendt.
Il fatto è che siamo stufi di decenni di discussioni sterili. Ero un bambino quando già a Roma moriva gente per razzi sparati da una curva all’altra dello stadio. Ero un uomo quando ci furono le tragedie dell’Heysel e di Sheffield: diverse realtà, diverse circostanze, diversi Paesi, ma lo stesso dramma,un copione che si ripete.In Gran Bretagna, Paese civilissimo, la violenza sportiva era una piaga già negli anni Settanta, e alla fine si arrivò al punto di bandire dalle competizioni europee le squadre inglesi e i loro hooligans per anni.Ecco perché sono sfiduciato e amareggiato. Perché non riesco più ad illudermi; almeno non su questo.Da anni si parla di isolare i violenti; si varano leggi e regolamenti appositi, poi bellamente aggirati. Si vendono biglietti nominativi, teoricamente unici, e poi si vedono normalmente i bagarini acquistarne centinaia. Come fanno? A me sequestrano all’ingresso un accendino di valore, e poi i delinquenti entrano con coltelli, bombe-carta, fumogeni. La bottiglia d’acqua deve avere il tappo svitato, per carità, e poi in campo arrivano i servizi igienici. Bisogna veramente pensare che lo sport sia morto, se ci sono centinaia di persone che vanno allo stadio con lo scopo di menare le mani, sfasciare tutto e tirare petardi grossi come bombe. Una rabbia stupida e davvero incomprensibile, che non ha neanche la spiegazione del disagio sociale o dell’ideologia politica.
Abbiamo anche un problema di tenuta dell’ordine pubblico, in Italia: le forze dell’ordine non sono in grado di arginare neanche la micro-criminalità a Napoli, e non riescono a controllare tifoserie facinorose a Catania! Siamo quindi in balìa di ogni tipo di teppismo? Adesso assisteremo ad un altro balletto di buoni propositi, disegni di legge, inasprimenti di pene, vari di regolamenti, sanzioni a 360 gradi, ripensamento dell’attività sportiva. Una farsa grottesca, ma drammatica stavolta perché c’è scappato il morto: un lavoratore con famiglia a carico, un vero proletario secondo la celeberrima classificazione di Pasolini, che simpatizzava per i poveri poliziotti e non per i figli di papà che giocavano a fare la rivoluzione. E’ stato decretato lo stop ai campionati: lo ha deciso il commissario straordinario della Federcalcio, questo mondo anche istituzionalmente travolto dagli scandali (nonostante la valvola salvifica della vittoria del Mondiale), marcio fin dalle fondamenta.Decisione giusta, di rottura, tesa a creare il caso.
Ma resto sfiduciato. Penso alle volte che, davvero, la violenza negli stadi si spegnerà quando non ci sarà più pubblico ad un evento sportivo; quando la partita la potremo vedere solo in televisione, naturalmente sul satellite, perché di gratis ormai non ti danno più niente. Neanche la Rai col suo maledetto canone e i suoi disgustevoli programmi.

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