4 gennaio 2007

Uranio impoverito: due persone contaminate in Puglia


ROMA - Due persone sarebbero ammalate per probabile contaminazione da uranio impoverito. Lo ha segnalato Falco Accame, ex presidente della Commissione Difesa della Camera e attuale presidente dell'Associazione delle vittime appartenenti alle forze armate. Le due persone contaminate sarebbero una crocerossina e un ufficiale, residenti in provincia di Lecce. Accame ha aggiunto: "Questi due casi confermano la Puglia, insieme alla Sardegna, tra le regioni piu' colpite, come sempre per pura casualita'. Sempre in Puglia il 6 ottobre 2005 mori' il militare Alberto Di Raimondo dopo i casi di malattia o morte di Calcagni, Pilloni, Di Giacobbe, Antonaci, Maramarco, D'Alicandro, La Monaca. Cio' che preoccupa e' che questi casi, ovviamente noti al ministero della Difesa, sono venuti alla luce accidentalmente". (Agr) Questo è quanto leggo sulle notizie odierne, ma tempo fa pubblicai un articolo sull’uranio impoverito che vorrei riproporvi alla Vs. attenzione.Questo l'articolo:


Decine di migliaia di tonnellate di materiale radioattivo sparso per anni su tutta la superficie del pianeta. Uranio nei proiettili, nelle mine e per blindare i carri armati. Uranio come contrappeso nella costruzione di aerei civili e militari, elicotteri, satelliti, navi e barche a vela. Uranio come schermante nelle stanze degli ospedali e nelle apparecchiature diagnostiche. Persino nelle leghe per le otturazioni dei denti e nelle mazze da golf. Nessun freno all'uso delle scorie radioattive, nessuna misura protettiva, nessun controllo. E soprattutto nessuna informazione da parte dei governi e delle strutture preposte, che hanno sorvolato con colpevole leggerezza sulle più elementari norme di tutela della salute dei loro cittadini. Un crimine contro l'umanità. La maggior parte del materiale che leggerete in queste pagine è tratto dal sito dei comitati "Stop all'uranio 238!" (www.stop-u238.i.am), fusi nell'Osservatorio Etico Ambientale (OEA).
Il nuovo rischio del nucleare deriva principalmente dai prodotti di scarto della lavorazione, le cosiddette "scorie nucleari", derivanti dal processo di arricchimento dell' uranio per la creazione di combustibile per le centrali e le armi nucleari. Queste scorie sono presenti nella forma di esafluoruro di uranio (UF6) che viene convertito in uranio impoverito (UI) per essere poi utilizzato nei modi più disparati. L'UI è una sostanza radioattiva e tossica che viene chiamata "uranio impoverito" perché è principalmente costituita dall'isotopo U-238 e contiene una piccola percentuale dell'isotopo fissionabile U-235. Anche se la sua radioattività è il 40% in meno dell'uranio fissile, è sempre ben 60 volte più radioattivo del materiale che si trova in natura.
Una proprietà caratteristica dell'UI di cui poco si parla è la piroforicità: si tratta della capacità dell'UI di auto-incendiarsi a temperatura ambiente in determinate condizioni e di innescare incendi. E anche se non s'incendia perde in un anno lo 0.5 della sua massa. Le emissioni dell'UI sono date principalmente da particelle "alfa" che per certi versi sono più insidiose dei "gamma" dell'uranio 235 perché possono essere respirate e non vengono segnalate dai contatori Geyger. La quantità di UI stoccata attualmente nel mondo è superiore ai 6milioni di tonnellate. Ovvero poco più di un chilogrammo per ogni essere umano. Le cifre ufficiali parlano di 150mila tonnellate in Gran Bretagna, 250mila in Francia, 750mila negli USA e addirittura 5milioni di tonnellate in Russia. Si tratta delle famose scorie nucleari per le quali non si è mai trovata una soluzione di smaltimento. O almeno così si pensava: nella realtà invece si è scoperto che migliaia di tonnellate sono state riciclate in beni destinati a uso commerciale e in questa forma disperse nell'ambiente.
I danni provocati dell'UI, o meglio dalle radiazioni da questo emesso, sono di tipo cancerogeno, mutagenico-genotossico. Inoltre, nel caso per esempio che venga bruciato durante un incendio, si formano i diossidi di uranio, i cui effetti sulla popolazione sono evidenti in Irak, dove sono state bruciate 300 tonnellate di uranio (ammesse ufficialmente), leucemie, tumori, malformazioni genetiche, e non solo sulla popolazione locale.
Durante la Guerra del Golfo del 1991, fra aerei e carri armati inglesi e americani, sono state sparate qualcosa come 340 tonnellate di UI, si tratta, tanto per usare un termine di paragone, di una quantità cento volte maggiore di quella rilasciata durante l'incidente di Cernobyl (dove la vita media è passata da 67 anni a 42).
L'UI, venduto a 17 paesi del mondo e fornito gratuitamente ai produttori di armi, viene usato per costruire proiettili anticarro lunghi circa mezzo metro capaci, grazie all'altissimo peso specifico dell'uranio, di perforare pareti d'acciaio fino a 6 centimetri di spessore. Al momento dell'impatto l'UI brucia, creando particelle radioattive estremamente volatili in grado di "ricadere" in un'area praticamente illimitata.
L'uso di UI come zavorra e contrappeso in aerei ed elicotteri civili e militari ha dell'incredibile. E' dal 1969 che la popolazione viene sottoposta non solo ai rischi della dispersione nell'aria, avvenuta per centinaia di tonnellate, che ha incrementato la ricorrenza di tumori e altre patologie, ma anche al rischio d'incendio di uno qualsiasi delle migliaia di aerei che utilizzano il materiale radioattivo per appesantire i piani di coda e delle ali. La Boeing, chiamata direttamente in causa dopo il disastro di Amsterdam, ha ammesso che sì: i suoi 747 ne sono provvisti. E non solo i suoi. Anche la compagnia di bandiera Alitalia parla di un chilo di UI per aereo, mentre la Boeing ne ammette ufficialmente l'uso di 350 chili.

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