16 dicembre 2006

Onu: L’Addio di Kofi Annan


Ban Ki-Moon, 62 anni, diplomatico sudcoreano, sarà dal prossimo gennaio l'ottavo Segretario generale dell'Onu, il primo di origine asiatica dopo 35 anni. Succede all'africano Kofi Annan che ha occupato la massima carica dell'Organizzazione per 10 anni. Il 14 dicembre Ban Ki-Moon ha prestato solenne giuramento davanti all'Assemblea generale riunita a New York, presso il Palazzo di Vetro. «Farò il possibile per assicurare che le Nazioni Unite siano all'altezza del loro nome e veramente unite - ha dichiarato durante la cerimonia - solo così possiamo rispondere alle speranze che così tante persone nel mondo ripongono in questa istituzione, unica negli annali della storia umana». Si è quindi impegnato a «restituire fiducia all'Onu», a fungere da «armonizzatore e costruttore di ponti», chiedendo agli stati membri di collaborare al rafforzamento dei tre pilastri su cui si fondano i progetti di pace e prosperità universale delle Nazioni Unite: diritti umani, sicurezza e sviluppo.
C'è da sperare soprattutto che il nuovo Segretario sappia e voglia guardare al mondo con occhi liberi dalle ideologie che durante il mandato di Kofi Annan hanno inquinato l'Onu, influenzando l'operato dei suoi organismi e delle sue agenzie. Gli esempi più rovinosi sono l'Unicef, Fondo delle Nazioni Unite per l'infanzia, sempre più orientato a risolvere i problemi della condizione infantile investendo risorse enormi in campagne per non far nascere i bambini invece di concentrarsi sulla tutela di quelli già nati; la Commissione per i diritti umani, che nel 2001, alla vigilia degli attentati dell'11 settembre, ha trasformato l'attesa Conferenza mondiale delle Nazioni Unite contro il razzismo, la discriminazione razziale, la xenofobia e altre forme correlate di intolleranza, svoltasi a Durban, Sud Africa, in un violento attacco da parte dei Paesi arabi e islamici contro Stati Uniti, Israele, l'Occidente e i suoi valori; la Fao, Organizzazione per l'Alimentazione e l'Agricoltura, con le sue dispendiose conferenze mondiali che, dal 1996 a oggi, si sono tradotte immancabilmente in altrettante occasioni di denuncia del modello di sviluppo occidentale e addirittura in platee mondiali per le esternazioni antioccidentali di Fidel Castro, Chavez, Mugabe e altri leader terzomondisti; l'Unep, Programma per l'ambiente, e gli altri organismi Onu che nel 2002 hanno organizzato a Johannesburg, Sud Africa, il Vertice mondiale sullo sviluppo sostenibile, un altro attacco all'unico sistema produttivo capace di offrire all'umanità sicurezza alimentare e benessere diffuso, dominato dalla presenza di decine di migliaia di esponenti di organizzazioni non governative no global esaltati dall'annunciata partecipazione di Castro e Arafat al loro forum parallelo.
Ban Ki-Moon eredita anche la difficile gestione dei tribunali, a partire da quelli speciali con cui le Nazioni Unite si sono assunte la delicata missione di amministrare la giustizia consegnando ai giudici i responsabili dei massacri che hanno decimato le popolazioni di Cambogia, Rwanda e Sierra Leone. Il primo, a distanza di quasi trent'anni dalla fine del regime dei Khmer rossi, non ha ancora neanche incominciato a funzionare. Quello del Rwanda, istituito nel 1995 per giudicare i protagonisti del genocidio della popolazione Tutsi culminato nel massacro di 937.000 persone nella primavera del 1994, ha emesso poco più di 30 sentenze, lasciando decine di migliaia di persone in attesa di giudizio. Troppo lenta appare anche l'attività del Tribunale della Sierra Leone, creato nel 2002 con il compito di punire gli istigatori della decennale guerra civile conclusasi nel 2001. Per ora vanta soprattutto l'arresto di Charles Taylor, ex presidente della Liberia, accusato di sostenere i ribelli sierraleonesi dei Ruf, al quale peraltro, in cambio dell'esilio spontaneo in Nigeria, era stata promessa l'immunità. Quanto al Tribunale Penale Internazionale con sede all'Aja, Olanda, entrato in vigore nel 2002 e competente da allora per casi di genocidio, crimini di guerra e contro l'umanità, al momento non è stato ancora in grado di emettere neanche una sentenza. Il Sudan non ha riconosciuto il suo diritto a procedere contro i cittadini sudanesi accusati di crimini contro le popolazioni del Darfur, la Repubblica Democratica del Congo ancora non si è pronunciata in merito e in Uganda i vertici del movimento antigovernativo Lord Resistance Army incriminati rifiutano di trattare la resa finchè non avranno la garanzia di non essere consegnati al tribunale dell'Aja, il che sta ritardando da mesi l'avvio dei negoziati con il governo.
Per finire, ma molto ci sarebbe ancora da aggiungere, il nuovo Segretario dovrà occuparsi della spinosissima questione delle missioni di peacekeeping e in generale della capacità delle Nazioni Unite di lavorare efficacemente per la pace. I fallimenti Onu in questo campo non sono pochi e, negli ultimi anni, alla delusione per gli insuccessi, si è aggiunta la preoccupazione per la valanga di denunce di gravissime violenze - persino stupri, atti di pedofilia e tratta di esseri umani - commesse da caschi blu, per non dire dei funzionari Onu addetti all'amministrazione dei campi per profughi e sfollati. Finora qualcosa, ma davvero troppo poco, è stato fatto: sono stati esclusi da future missioni 17 caschi blu africani, 11 nepalesi, sette uruguaiani, un francese e un indiano colpevoli di sfruttamento sessuale e dal 2004 a oggi 180 tra militari, poliziotti e funzionari civili alle dipendenze delle Nazioni Unite hanno subito sanzioni disciplinari a causa del loro comportamento. Annan lascia la carica proponendo, tanto per cambiare, l'elaborazione di un'ennesima «convenzione internazionale».

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