27 dicembre 2006

Countdown per Saddam Hussein

Saddam Hussein verra' giustiziato per impiccagione entro trenta giorni, 'in qualsiasi momento a partire da mercoledi'', è quanto riferisce il giudice della Corte d'appello, Arif Shaheen, dopo che la magistratura ha confermato oggi la condanna a morte dell'ex dittatore iracheno. Non ha nessuna possibilità di ottenere la grazia o di vedere commutata la sua pena: le regole del tribunale iracheno escludono categoricamente queste possibilità, negate anche al presidente della repubblica.
Lo sapevamo tutti che alla fine del processo Saddam Hussein sarebbe stato condannato a morte. Il suo, come quello di quasi tutti i dittatori, è un destino segnato inevitabilmente dalla storia. Una sentenza che rispecchia fedelmente le aspettative di giustizia della grande maggioranza del popolo iracheno, che ha vissuto sulla propria pelle la brutalità del regime di Saddam Hussein insieme al dramma delle centinaia di migliaia di persone che il rais fece uccidere nel corso della sua lunga tirannia. E' in questo contesto che va vista ed analizzata oggi questa sentenza della quale unico sovrano resta esclusivamente il popolo iracheno.

Difficile poter affermare con certezza se sia giusto o meno dare un senso etico a questa condanna, perchè la condanna a morte non può avere nulla di etico in sè. Non possiamo nemmeno però salire in cattedra per esprimere a priori la nostra riluttanza contro tale decisione senza tenere conto della coscienza di un popolo che ha subito per anni un regime tra i più duri e sanguinari della storia. Personalmente sono sempre stato contrario alla pena di morte. Ho sempre pensato che certi criminali fosse meglio relegarli in carcere nel più totale isolamento costretti a fare loro malgrado i conti con la propria coscienza, a combattere quotidianamente con i fantasmi del proprio passato per il resto della propria esistenza. Anche perchè credo che la vera giustizia non sia nemmeno forse di questo mondo, nè tantomeno possa essere prerogativa degli uomini, esseri imperfetti per natura, incapaci pertanto di poter dare un senso di perfezione al concetto di giustizia in sè.

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